25 aprile 2010

Il discorso di Napolitano in occasione della ricorrenza del 25 aprile fu certamente uno dei più memorabili tra quelli da lui pronunciati da quando era presidente. Contrariamente a quanto era sempre avvenuto in precedenza, l’intervento presidenziale non si ebbe il giorno stesso dell’anniversario, ma alla vigilia, a Milano, la città che fu ffettivamente protagonista dei fatti di quella fatidica giornata.

"Cari concittadini milanesi e cari italiani,
parlare del 25 aprile senza parlare di Milano non avrebbe senso, perché questo giorno non sarebbe la festa della Liberazione se non coincidesse proprio con quella della città viscontea, la piazza più importante da sottrarre all’occupazione nazifascista in quella parte di Italia, il nord, dove ancora bisognava disperatamente preparare l’arrivo degli Alleati; eppure nello stesso tempo, cabina di regia clandestina, grazie a Pertini, della decisiva campagna finale della nostra Resistenza. Con la liberazione il 25 aprile 1945 di Milano, si poté dire, la liberazione dell’Italia era compiuta: e così come il primo Risorgimento, quello dei liberali e dei patrioti, si era concluso con l’agognata presa di Roma, così il secondo Risorgimento, quello dei partigiani, culminava con l’ingresso degli uomini del CLN nelle vie meneghine.

"L’affinità e la continuità tra Risorgimento propriamente detto e risorgimento della Resistenza non sembri un discorso forzato. Esattamente come nel 1861 si concludeva un processo, esaltante e sanguinoso, che portava alla nascita di un unico stato da una costellazione di tanti piccoli staterelli, uno stato che si riconosceva nello spirito e nella lettera di una carta costituzionale, quella albertina, così anche sessantacinque anni fa si ripeté il miracolo di un’unità geografica ricostruita, seppure in uno scenario completamente diverso, che si ritrovava più coesa in una nuova costituzione. A differenza però dello statuto sabaudo, che era stato imposto a larga parte degli italiani senza che questi vi si riconoscessero pienamente, la costituzione del ’48 nacque invece proprio per rappresentare tutti i cittadini, in modo egualitario rispetto alla nuova identità democratica del Paese. Se c'è una cosa che il Risorgimento ci ha insegnato, è che l'Italia non può essere indipendente se non è unita; se c'è una cosa che la Resistenza, in perfetta simmetria con quello,ci ha insegnato, è che l'Italia non può essere unita se non nell'idea di uno stato egualitario e democratico, le cui istituzioni sono garantite da una carta condivisa. Ecco perché, in ultima analisi, una riflessione sugli imminenti centocinquant'anni dell'Unità non può non partire se non dalla riscoperta del significato di un giorno come questo".

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